Settanta anni di Costituzione. Sono tanti gli aspetti che si possono prendere in considerazione per ricordare e celebrare l’entrata in vigore della Carta fondamentale della Repubblica italiana. Un evento che ha evidentemente segnato la storia del nostro Paese e il cui ricordo è, oggi, una utile occasione per ricostruire settanta anni di storia segnati da profonde trasformazioni di carattere economico, sociale e culturale.
Lo abbiamo fatto con questo ciclo di pubblicazioni a cominciare dal tema istituzionale che ci riguarda più da vicino, quello della cooperazione bancaria e del contribuito che essa ha dato alla vita economica e sociale del nostro Paese partendo proprio da come essa ha preso forma nei lavori dell’Assemblea costituente. Ma la storia della Costituente è, prima di tutto, la storia dei Costituenti che con il loro impegno, le loro storie personali, il loro prestigio, con il prezioso lavoro hanno reso possibile non solo la redazione della Carta fondamentale ma della costruzione reale della democrazia e la strada che ha preso la storia d’Italia dopo il dramma della Seconda guerra mondiale. Ci siamo, dunque, soffermati su due figure che hanno rappresentato due filoni di pensiero ben precisi della cultura politica del Novecento con una pubblicazione sul contributo di Luigi Einaudi, espressione del pensiero liberale, e una su Costantino Mortati esponente del mondo cattolico impegnato nella sfera pubblica. Ma se ci fossimo fermati qui, il nostro ricordo sarebbe stato parziale. Questa quarta pubblicazione, che chiude la collana, vuole essere, oltre che un contributo di carattere storico e culturale all’anniversario, un bilancio su cosa sono stati questi settanta anni e soprattutto uno strumento per affrontare il futuro, per intervenire su quel tessuto democratico che, grazie a quei costituenti, è stato costruito e che vive oggi una profonda crisi.
L’idea alla base dell’intera operazione editoriale è quella di provare a svelare il senso più profondo del dettato costituzionale che si cela dietro l’insieme degli articoli. Per farlo abbiamo perciò proposto la lettura dei documenti preparatori e le storie di coloro che hanno scritto quei documenti, per offrire, così, l’opportunità di cogliere alcuni tra gli elementi essenziali dello spirito della Costituzione reso possibile dalle convergenze di chi, pur muovendo da posizioni culturali diverse e da orientamenti politici contrapposti, ha intensamente lavorato per la costruzione di un comune “patto” costituzionale gettando così le basi per la ricostruzione della democrazia.
La soluzione ai problemi dei rapporti economici e sociali, rispetto ai quali profonde furono le divergenze ideologiche che ispiravano le maggiori forze politiche, si trova in una straordinaria sintesi che diventa elemento di grande stabilità, architrave del progetto costituzionale, proprio perchè elemento saldamente condiviso e destinato a rispecchiare e conformare il disegno di fondo di quel progetto nella sua interezza ancora oggi dopo settanta anni. Il lavoro dei costituenti porta all’affermazione della libertà economica che esclude il modello di economia pianificata assicurando il diritto alla libera iniziativa economica e all’impresa, da esercitare individualmente o in forma associativa, in un quadro di libertà piena dei rapporti tra lo Stato, la sfera pubblica e il mercato. Ma si tratta di una libertà che non perde mai di vista il primato della persona e l’attenzione alla dimensione sociale salvaguardando la sicurezza, la libertà e la dignità umana non soltanto dei lavoratori ma di tutti, sia di coloro che nel circuito produttivo sono protagonisti, sia di coloro che ne restano ai margini, la cui dignità richiede un’economia solidale. L’iniziativa economica, infatti, non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale. Un contesto – come emerge soprattutto nel primo volume – che valorizza il ruolo della cooperazione e della cooperazione bancaria nello specifico, indicandone i caratteri essenziali e assicurando ad essa il sostegno delle istituzioni.
Se questo descritto è il risultato finale come si è arrivati ad esso? Come è stato possibile che quelle grandi culture politiche, distanti tra loro, abbiano trovato una così alta sintesi? Come si è giunti a quell’impianto omogeneo e avanzato sul quale tutti hanno potuto riconoscersi? Cosa ha reso la nostra Costituzione una tra le più studiate all’estero e considerata l’antesignana della stagione delle costituzioni democratiche? Il lavoro quotidiano che nei due anni di vita dell’Assemblea Costituente in tanti hanno svolto, fianco a fianco, statisti e intellettuali del calibro di Einaudi o Mortati – ai quali abbiamo dedicato il secondo ed il terzo volume della nostra collana – o di spessore altrettanto importante anche se meno noti, le cui biografie abbiamo raccolto in questo volume conclusivo, incentrandole sui temi che li hanno visti protagonisti e che sono i temi sui quali la Terza sottocommissione della Costituente è stata chiamata a relazionare: famiglia, cittadino, lavoro, impresa.
Canevari, Colitto, Federici, Giua, Noce, Pesenti, Rapelli, Togni, sono nomi che poco dicono ai non addetti ai lavori. Più conosciuti Di Vittorio, Dominedò, Fanfani, Merlin e Taviani. Tutti insieme, nella Terza sottocommissione, hanno discusso tra loro sulla dignità del lavoro e su come, attraverso essa, il cittadino possa realizzare se stesso e possa costruire la propria famiglia nel pieno del programma costituzionale che definisce l’Italia come una “Repubblica democratica fondata sul lavoro”. Hanno discusso di Repubblica, di democrazia e di lavoro arrivando a concludere che queste si possono realizzare nella libera attività economica e nel diritto di proprietà sui quali però è necessario il controllo sociale, la libera attività sindacale e l’intervento dello Stato attraverso l’istruzione, l’assistenza e la previdenza. Su tutto questo si è confrontata una generazione di poco più che quarantenni che ha visto la Prima guerra mondiale, è cresciuta e si formata sotto un regime, ha subito e perso una Seconda guerra mondiale, è stata sottoposta ad una occupazione dopo l’onta dell’8 settembre, ha combattuto una guerra per liberare il Paese dall’invasione straniera. Quella generazione diventa protagonista della ricostruzione della democrazia attraverso la quale si pone l’obiettivo della ricostruzione della dignità, della speranza, del senso della vita propria e dell’intera collettività. Lo fa partendo proprio da una situazione “disperante” che caratterizza lo stato di ciascuno – povertà, fame, malattie, famiglie separate o distrutte – e di un Paese letteralmente distrutto. Quella generazione, ricevuto il mandato popolare – attraverso libere elezioni che vedono al voto oltre il 90% degli aventi diritto – si fa classe dirigente prima e politica poi. Si dota di una Carta costituzionale che è allo stesso tempo un patto fondante tra i cittadini e un programma di ricostruzione che realizza attraverso riforme sociali e infrastrutture – tra gli anni ’50 e ‘60 il piano per l’edilizia residenziale e scolastica, la ricostruzione degli ospedali e degli edifici pubblici, le nuove strade e autostrade, gli impianti sportivi per le Olimpiadi di Roma, renderanno irriconoscibile il Paese.
L’entrata in vigore della Costituzione, settanta anni fa, apre un lungo percorso di costruzione sostanziale della democrazia alla quale il testo della Carta fornisce una mappa non esaurendo affatto la sua funzione propulsiva in tema economico, sociale e culturale. Per questo, la pubblicazione delle biografie e delle relazioni prodotte in seno alla Terza sottocommissione, oltre ad una funzione storico–culturale che riconsegna la giusta e meritata dignità ai costituenti e ancor di più a quelli meno conosciuti, fornisce la possibilità di una lettura della storia di settanta anni del Paese da un originale punto di vista che è quello del valore dei protagonisti della stagione costituente e dei contenuti che questi hanno prodotto. Ma non solo.
“La nostra Costituzione è in parte una realtà, ma soltanto in parte è una realtà. In parte è ancora un programma, un ideale, una speranza, un impegno di lavoro da compiere. Quanto lavoro avete da compiere! Quanto lavoro vi sta dinanzi!”. Dopo settanta anni, la democrazia, in Italia come del resto in tutto l’Occidente, è considerata in crisi e fortemente a rischio. Le parole di Pietro Calamandrei, un altro importante costituente, suonano quanto mai attuali. La Costituzione continua ad essere un ideale sul quale fondare la speranza, un programma sul quale impostare il lavoro. Il processo di costruzione della democrazia non è completato ne mai sarà completato compiutamente ma, proprio in quanto processo, è in continuo divenire ed ha avuto nella storia del nostro Paese andamenti diversi. Lungo è stato il periodo di crescita sociale e culturale che hanno accompagnato la crescita economica immediatamente dopo l’entrata in vigore della Costituzione e che ha visto il protagonismo di quella generazione che smessi i panni di Costituenti ha indossato quelli di classe dirigente assumendo la guida politica del Paese. Oggi assistiamo a un evidente declino. I nostri tempi sembrano segnati dalla mancanza di speranza mentre quella generazione è finita. Ma proprio dalla Costituzione, il cui valore e la cui attualità sono stati recentemente riconfermati dalla volontà popolare, e dall’esempio di quei costituenti è possibile riprendere il lungo e faticoso percorso di costruzione della democrazia. E’ questo l’auspicio e il contributo che vuole portare questo lavoro nel ricordo dei settanta anni della Costituzione.