La cooperazione bancaria nei lavori della costituente

La Repubblica riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata. La legge ne promuove e favorisce l’incremento con i mezzi più idonei e ne assicura, con gli opportuni controlli, il carattere e le finalità. La legge provvede alla tutela e allo sviluppo dell’artigianato”.

È questo il testo dell’articolo 45 della Costituzione italiana con il quale i Costituenti del ’48, hanno voluto esaltare il momento imprenditoriale della cooperazione quale metodo democratico di fare impresa alternativo al sistema capitalistico cosiddetto ‘puro’, non relegando il ruolo della cooperazione in una posizione marginale nell’economia di mercato ma anzi esaltandone la funzione, proprio consacrandola nella Costituzione.

La Costituzione italiana, secondo molti non applicata ancora nella sua interezza per altri superata da una differente “costituzione materiale”, senza dubbio ancora poco conosciuta, è sottoposta, oggi, a profonde modifiche soprattutto nella seconda parte che riguarda l’ordinamento della Repubblica, eppure essa è tuttora fondamentale per comprendere la storia e, dunque, il significato e l’importanza di molti valori. Tra questi quelli della solidarietà e della sussidiarietà, resi ancora più attuali, specie nei rapporti economici, dalla grave e prolungata crisi economica ed occupazionale che stiamo vivendo.

È proprio con questo spirito la presente pubblicazione ripercorre, attraverso una selezione mirata dei resoconti delle sedute dell’Assemblea costituente, l’intenso e profondo dibattito svoltosi tra il 1947 e il 1948 sul tema della Cooperazione.

Il riconoscimento costituzionale della funzione sociale della cooperazione comprende, evidentemente, anche le Banche Popolari che grazie al loro modello cooperativo, al loro radicamento economico e sociale sui territori, al loro stretto contatto con la clientela e, attraverso quest’ultima, con la società civile, esprimono in pieno il principio di sussidiarietà.

“L’impresa cooperativa si ricollega a quella individuale cogliendo il fermento che c’è nell’elemento uomo e nella iniziativa che a lui fa capo … trarre quanto c’è di vitale e dalla individualità e dalla socialità. L’impresa cooperativistica sugge il lievito che nasce dalla possibilità di una spontanea iniziativa, di una libera manifestazione di volontà dei cooperanti, facendo sì che ai liberi consociati, strettisi nella famiglia della cooperazione, sia dato, di realizzare una forma nuova di impresa la quale, secondo i principi della mutualità, serva in definitiva a far defluire i frutti del lavoro nell’interesse degli stessi partecipi…”. Queste parole pronunciate dal deputato costituente Francesco Maria Dominedò, nella seduta dell’Assemblea del 3 maggio 1947, ben rendono l’intenzione e la ratio che portarono alla redazione degli articoli in questione.

Le Banche Popolari, oltre che nell’art. 45, rientrano anche nel quadro costituzionale più generale, delineato dagli articoli 41 e 47 della Costituzione.

L’utilità sociale, come prevede l’articolo 41, costituisce, anche per le Popolari come per tutte le attività imprenditoriali, un limite alla libertà di iniziativa economica, che non può svolgersi in contrasto ad essa e non può recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La tutela e l’incoraggiamento del risparmio, indicati dall’articolo 47, sono legati alla disciplina, al coordinamento e al controllo del credito, in una prospettiva di favore per l’economia reale rispetto a quella finanziaria, prospettiva che è resa evidente dall’apprezzamento per l’accesso al risparmio popolare, alla proprietà e all’investimento azionario.

La presenza sul territorio delle Banche Popolari si traduce nella prossimità alla clientela tradizionale, a quelle che sono le fasce più deboli, famiglie, piccole e medie imprese, e nel contributo allo sviluppo di ogni singolo territorio. La crescita rapida e costante della rete delle banche popolari nel Mezzogiorno e nelle aree meno indu­strializzate dove il ruolo degli altri istituti di credito era insufficiente, dimostrano, appunto la loro natura, la loro vocazione principale.

Il quadro normativo di riferimento per l’organizzazione delle Banche Popolari è incentrato sul: il voto capitario, il limite al possesso azionario, la clausola di gradimento all’ingresso di nuovi soci, il numero minimo ma aperto degli azionisti, i limiti alla delega assemble­are, la mutualità presente ma non prevalente. Un quadro normativo che, pur nella pluralità, eterogeneità e diversità dimensionale delle banche del sistema, era stato concepito, alla luce di quei principi co­stituzionali, per riflettere un dato comune di democrazia economica e societaria e che nasceva per consentire di valorizzare il momento personalistico della partecipazione ed il ruolo di numerosi portatori di interessi: dipendenti, azionisti, clienti depositanti e affidatari.

La funzione sociale, riconosciuta dai Costituenti alla Cooperazione, è declinata e realizzata perfettamente, nell’ambito dell’attività di credito, dal sistema Banche Popolari poiché riesce ad asso­ciare al profitto “aziendale”, essenziale ed ineliminabile per qualsiasi azienda, un profitto ulteriore, il profitto “cooperativo”, attraverso gli utili ed i servizi riconosciuti ai soci-azionisti-clienti e agli azionisti-dipendenti, nonché un profitto “economico-sociale” attraverso le positive ricadute, anche occupazionali e culturali, dell’attività dell’impresa bancaria cooperativa sul territorio di insediamento.

Questo modello, per la sua natura e con la sua architettura, ha saputo reggere il confronto, nell’impatto con una crisi economico-finanziaria che ha coinvolto, in modo ben più grave, i modelli di banca dedicati esclusivamente o in prevalenza all’intermediazione finanziaria. Le Banche Popolari, invece, distanti dalla speculazione finanziaria e per questo, in parte, immuni dagli effetti nefasti che questa ha prodotto, hanno continuato a svolgere la propria funzione di sostegno all’economia reale, alle persone, al territorio grazie proprio all’applicazione del principio di democrazia economica, dell’inclusione del maggior numero possibile di persone per la promozione dello sviluppo e della giustizia sociale. Il metodo democratico di fare impresa promosso e tutelato dall’art. 45 della Costituzione repubblicana.

 Corrado Sforza Fogliani

Presidente

Associazione Nazionale fra le Banche Popolari

14 Dic 2015