La Cooperazione Bancaria nei lavori della Costituente

Enrico De Nicola, Capo provvisorio dello Stato e poi primo Presidente della Corte Costituzionale, in occasione della prima udienza di quest’ultima, nel 1956, disse: «La Costituzione è poco conosciuta anche da chi ne parla con saccenza. Deve essere divulgata senza indugio prima che sia troppo tardi».

Oggi la Costituzione è ancora conosciuta poco eppure è tuttora fondamentale per comprendere la storia e, dunque, il significato e l’importanza di molti valori, in primis di quelli della solidarietà e della sussidiarietà, resi ancor più attuali, specie nei rapporti economici, dalla più grave crisi del secondo dopoguerra.

È proprio con questo spirito che la presente pubblicazione ripercorre, attraverso una selezione mirata dei resoconti delle sedute dell’Assemblea costituente, l’intenso dibattito svoltosi tra il 1947 e il 1948 sulla Cooperazione.

L’art. 45, nel testo che ci è stato consegnato dai Padri costituenti all’esito dei lavori, esalta il momento imprenditoriale della cooperazione quale metodo democratico di fare impresa, alternativo al sistema capitalistico “puro”, non relegando per niente il ruolo della cooperazione in posizione marginale nell’economia di mercato, ma anzi esaltandone la funzione, consacrandola nella Costituzione. Tale riconoscimento costituzionale della funzione sociale della cooperazione ricomprende anche le Banche Popolari che, grazie al loro modello cooperativo, alloro radicamento socio-economico sui territori di attività, al loro stretto contatto con la clientela e, attraverso quest’ultima, con la società civile, esprimono anch’esse il principio di sussidiarietà. Ed invero, le banche popolari, oltre che nell’art. 45, rientrano anche nel quadro costituzionale più generale, delineato dagli articoli 41 e 47 della Costituzione.

L’utilità sociale costituisce anche per esse un limite alla libertà di iniziativa economica, che non può svolgersi in contrasto con la prima. La tutela e l’incoraggiamento del risparmio si legano anche per esse alla disciplina, al coordinamento e al controllo del credito, in una prospettiva di favore per l’economia reale rispetto a quella finanziaria, resa evidente dal favore per l’accesso del risparmio popolare alla proprietà e all’investimento azionario, cui si richiama l’art. 47, 2° comma. La presenza sul territorio delle Banche Popolari si traduce nella prossimità alla clientela (famiglie e piccole e medie imprese: le fasce di clientela più deboli) e nel contributo allo sviluppo di quel territorio. È sintomatica la crescita della rete delle banche popolari nel Mezzogiorno d’Italia, nelle aree meno industrializzate ed ove il ruolo degli altri istituti di credito era insufficiente.

Il quadro normativa del Credito Popolare nella pluralità, eterogeneità e diversità dimensionale delle banche del sistema, riflette un dato comune di democrazia economica e societaria e consente di valorizzare il momento personalistico della partecipazione ed il ruolo dei molti stakeholders: dipendenti, azionisti, risparmiatori e prenditori di credito.

Il modello delle Banche Popolari declina e realizza nell’ambito del credito quella funzione sociale riconosciuta dai Costituenti alla Cooperazione, poiché consente di associare al profitto “aziendale”, essenziale ed ineliminabile per una azienda di credito, un profitto “cooperativo” attraverso gli utili ed i servizi riconosciuti ai soci-azionisti-clienti e agli azionisti-dipendenti, nonché un profitto “economico-sociale” attraverso le ricadute, anche occupazionali, dell’ attività aziendale sul territorio di insediamento. E’ un modello che ha saputo reggere il confronto, nell’impatto con una crisi economico-finanziaria che ha coinvolto in modo ben più grave i modelli di banca dedicati soltanto o in prevalenza alla finanza.

Le Banche Popolari hanno continuato a svolgere il loro ruolo tradizionale: sostegno dell’economia reale, delle persone, del territorio grazie ai valori della democrazia economica e dell’inclusione del maggior numero di persone per la promozione dello sviluppo e della giustizia sociale.

Proprio quel metodo democratico di fare impresa che l’art. 45 della Costituzione promuove e tutela.

30 Gen 2018